Centro Servizi per Anziani: una scelta difficile

L’inserimento di un proprio familiare (genitore, nonno, coniuge, ecc.) in un Centro Servizi per Anziani (RSA in alcune regioni) è una delle scelte più difficili che si possano fare. Spesso considerata come “ultima spiaggia”, dopo aver provato soluzioni diverse: Centri diurni, assistenza domiciliare, badanti, ecc. Diventa, poi, una decisione obbligata proprio a causa della non autosufficienza del proprio caro e dell’effettiva condizione di stress psico-fisico, a cui è quotidianamente sottoposto il caregiver (chi si occupa di tutte le necessità dell’anziano fragile). In questo periodo storico tale decisione risulta ancora più faticosa da compiere. Se si sceglie di procedere con un inserimento in struttura, la pandemia in atto, purtroppo, vieta ai familiari di accedere in qualsivoglia momento per fare visita al proprio caro. Oltre al tempo, il contatto fisico è vietato. Carezze, baci, abbracci, sono tutti mezzi comunicativi e di vicinanza importanti sia per l’ospite di una struttura sia per il proprio familiare e la loro assenza, non fa che influire negativamente per entrambi. Vediamo ora insieme cosa accade a livello psicologico dal punto di vista del caregiver e da quello dell’anziano.


PER IL CAREGIVER…
In una rassegna critica (Patruno & Savino, 2009) sono state individuate due grandi aspettative iniziali, che hanno i familiari nel momento di inserimento in un Centro Servizi per Anziani: l’aspettativa di vedere curato il proprio caro allo stesso modo che a casa loro e, al tempo stesso, il desiderio di conservare le stesse abitudini di vita e relazionali di prima. Attese che, purtroppo, si possono scontrare con le regole e le routine di una struttura. Tra il caregiver e il familiare fragile avviene, quindi, una vera e propria separazione, che non è legata alla morte. Una separazione che può comportare ansia e sensi di colpa. Dei sentimenti, che, a posteriori, possono far pensare ad altre mille soluzioni: “Se avessi scelto diversamente”, “Avrei dovuto gestire meglio il carico assistenziale”, “Perché ho deciso di abbandonarlo/a?”,
Dimenticando o sminuendo i sacrifici fatti fino al momento della decisione di ricovero, magari fin troppo posticipata nel tempo.

...PER L’ANZIANO
Il passaggio casa-struttura è un momento molto delicato per l’anziano e, se mal gestito, può influire negativamente sulla sua salute psicologica. La propria casa, infatti, è il luogo, in cui sono racchiusi tutti i ricordi. Un luogo che non si vorrebbe mai lasciare. L’anziano, quindi, si vede protagonista di diverse fasi, prima di riuscire ad accettare la sua nuova routine di vita. Inizialmente, il primo sentimento provato può essere quello di ambivalenza. Da un lato vede soddisfatte tutte le sue esigenze a livello medico-assistenziale, ma dall’altro vi può essere una sorta di rifiuto della perdita delle proprie rassicuranti e ben conosciute abitudini di vita. Un po’ alla volta, nel corso dei mesi, dovrebbe riuscire a prendere coscienza dei cambiamenti, che ha vissuto e sta vivendo nel corpo e nella mente e della costante necessità di personale qualificato e formato. Contemporaneamente inizierà ad instaurarsi una sorta di alleanza tra lui e chi lo assiste (medici, psicologi, infermieri, educatori, OSS, fisioterapisti, …). Solo in tal modo potrà convincersi che questo importante cambiamento è stata la decisione migliore da prendere. Un segnale positivo di accettazione sarà sicuramente la sempre crescente partecipazione ad attività e iniziative proposte all’interno della struttura ed una maggiore socialità con gli altri ospiti. L’anziano può così iniziare gradualmente a sentirsi parte di una grande famiglia: non è più un nuovo ospite circondato da sconosciuti, ma una persona attorniata da professionisti della relazione di cura e altri come lui, con cui può socializzare e intessere nuove relazioni. Le giornate non saranno più viste come un modo per occupare il tempo restante, ma un’occasione per condividere emozioni e vissuti personali. Una vera e propria fonte di benessere psico-fisico. A questo punto sarà il familiare che deve vedere la struttura con occhi nuovi: un luogo in cui il proprio caro sta bene, è curato e seguito. Un luogo in cui non lo ha abbandonato, ma gli ha dato la possibilità di continuare a vivere le proprie giornate nel modo più attivo possibile e seguito costantemente da un’équipe di professionisti della salute.

 

Dott.ssa Chiara Cecchinato - Psicologa
Dott.ssa Valentina Busato - Psicologa e Pedagogista
Dott. Carmelo Sebastiano Ruggeri Medico Geriatra e Psicoterapeuta